Brezzo di Bedero secondo concerto della Stagione Musicale della Canonica

Prosegue Sabato 16 Luglio, alle ore 21, con un programma di musica barocca la 48a edizione di “Segno Spazio Armonia”, la Stagione Musicale della Canonica di Brezzo di Bedero.

Protagonista l’Orchestra da Camera “Carlo Coccia” di Novara: fondata nel 1994 è oggi una prestigiosa realtà musicale. La presenza assidua in importanti Stagioni Concertistiche e la collaborazione con direttori e solisti di grande valore artistico ne conferma l’affermazione nel panorama nazionale e oltre confine.

Il repertorio dell’Orchestra spazia dalla musica di Bach alle grandi composizioni romantiche fino alla Musica contemporanea.

Programma del Concerto

ARCANGELO CORELLI (1653-1713) 

Concerto grosso in re maggiore Op. 6 n. 4

ANTONIO VIVALDI (1678-1741)

Concerto il sol minore per due violoncelli RV 531

GEORG FRIEDRICH HAENDEL (1685-1759)

Concerto grosso Opera 6 n. 1 in sol maggiore HWV 319

JOHANN SEBASTIAN BACH (1685-1750)

Concerto Brandeburghese n. 4 in sol maggiore BWV 1049

Orchestra da Camera Carlo Coccia di Novara

Gianni Biocotino – Flavio Alziati, flauti

Davide Agamennone, violino

Claudio Merlo – Eugenio Solinas, violoncelli

Note al concerto

ARCANGELO CORELLI (1653-1713) 

Concerto grosso in re maggiore Op. 6 n. 4

Fra i compositori vissuti a cavallo dei secoli XVII e XVIII Arcangelo Corelli rappresenta un modello pressoché ineguagliabile. A dispetto della modesta quantità di sue composizioni a noi pervenute (sei numeri d’opera pubblicati, per un totale di sessanta sonate e dodici concerti e poco più di una manciata di composizioni strumentali giunte manoscritte), l’influenza esercitata da Corelli tanto sui musicisti suoi contemporanei quanto sui musicisti appartenenti alle generazioni successive è senza dubbio particolarmente significativa e, in alcuni casi, tale da segnare la storia della musica.

I Concerti grossi sono pubblicati postumi come opera sesta da Estienne Roger ad Amsterdam nel 1714, si tratta di dodici concerti: i numeri da 1 a 8 da chiesa, i numeri da 9 a 12 da camera, che in breve tempo assurgono a modello per tutti i musicisti europei. La principale distinzione tra i primi e i secondi è formalmente rappresentata dai titoli dei movimenti: solo indicazioni di tempo nei concerti da chiesa e anche movimenti di danza in quelli da camera.

Va precisato che per Concerto Grosso si intende l’impiego di molti strumentisti,  dove avviene una separazione tra “primi violini” o “concertino”, e “secondi” o “ripieno”, così da creare un dialogo tra le due parti. Nonostante Corelli non sia riuscito a vederli stampati, i 12 Concerti Grossi dell’op. 6 sono considerati tra i più rappresentativi nell’evoluzione strumentale della musica italiana del ‘600 e tra le opere più eseguite durante tutto il ‘700. A questa raccolta appartiene il concerto in re maggiore n° 4, esempio brillante di virtuosismo strumentale.

Nel concerto grosso in re magg. op. VI n. 4, la cui strutturazione quadripartita (Adagio-Allegro, Adagio, Vivace, Allegro-Allegro) farebbero pensare ad una sinfonia romantica ante-litteram, il compositore rifiuta invece il principio moderno tripartito e intende il genere come un allargamento del principio della sonata “da chiesa”. Nella caratteristica forma del Concerto Grosso, in cui il “concertino” dei solisti dialoga e si alterna al ripieno del “tutti”, questa composizione è un brillante esempio dell’evoluzione del virtuosismo strumentale della musica italiana del ‘600.

ANTONIO VIVALDI (1678-1741)

Concerto il sol minore per due violoncelli RV 531

Musicista dotato di straordinaria fertilità creativa, Vivaldi compose oltre 450 concerti destinati a tutti gli strumenti. Tra questo un posto tutto particolare il Concerto in sol minore per due violoncelli, archi e cembalo RV 531. Il primo movimento si apre con un tema ritmicamente vigoroso dei due violoncelli, alla conquista dell’agilità e del registro tenorile dei due per allora infrequenti strumenti concertanti, cui segue un contrappunto arioso e festoso nel quale la voce dei due archi solisti assume un tono imperioso e marcato nel rapporto con il «Tutti» dell’orchestra.

Il Largo ha un andamento meditativo, particolarmente adatto alla cantabilità del violoncello, primo e secondo, sorretto con discrezione dal cembalo. Dove Vivaldi sprigiona il suo estro puntato sulla luminosità del suono orchestrale è nell’Allegro finale, contrassegnato da una inarrestabile e travolgente vis strumentale.

GEORG FRIEDRICH HAENDEL (1685-1759)

Concerto grosso Opera 6 n. 1 in sol maggiore HWV 319

Haendel compose i dodici Concerti grossi opera 6 a Londra, fra la fine di settembre e la fine di ottobre 1739, con uno dei suoi tipici slanci creativi.  Non può stupire che, nel comporre questi Concerti, Haendel avesse in mente l’esempio di Arcangelo Corelli. Haendel aveva conosciuto Corelli nel corso del suo soggiorno romano (1706-07) e – sebbene i rapporti personali non fossero, sembra, cordialissimi – aveva indelebilmente assimilato la lezione del maestro italiano. 

Il Primo Concerto, in sol maggiore, si affida al consueto organico di primi e secondi violini, viole e basso continuo, per il ripieno, più due violini e un violoncello per il “concertino”.

Si articola in cinque movimenti; la sezione introduttiva (A tempo giusto), maestosa e regale, è nel tipo dell’ouverture francese, anche se i tipici ritmi puntati vengono smussati nel flusso melodico. Seguono un Allegro dalla propulsione inesauribile, un Adagio che è un vero duetto dalla lirica cantabilità, con netti contrasti fra “soli” e “tutti”, un Allegro a carattere fugato, dal tema inconfondibilmente haendeliano, e un nuovo Allegro in 6/8, allietato da festosi ritmi di danza.

JOHANN SEBASTIAN BACH (1685-1750)

Concerto Brandeburghese n. 4 in sol maggiore BWV 1049

La denominazione Concerti Brandeburghesi non è originale ma risale a Philipp Spitta, autorevole autore di una monumentale biografia bachiana apparsa facendo riferimento alla qualifica del destinatario, Christian Ludwig margravio di Brandeburgo. 

Il Quarto Concerto Brandeburghese risale al 1719 ed è il penultimo della serie. Al ripieno orchestrale Bach contrappone un concertino formato da un violino, al quale sono affidati impegnativi interventi solistici che a stento si ritrovano nei suoi concerti per questo strumento, e due flauti con funzioni prettamente concertanti.

Il Concerto, rielaborato successivamente a Lipsia per clavicembalo, due flauti, archi e continuo (BWV 1057), si apre con un Allegro insolitamente esteso – 427 misure – ma simmetricamente costruito su una struttura formale concentrica del tipo A-B-C-B’-A.

L’Andante (mi minore) è l’unico movimento lento fra tutti i Brandeburghesi a non prevedere una riduzione dell’organico strumentale: i solisti – qui usati come gruppo unitario – e il ripieno dialogano tra loro o si sovrappongono secondo i modi tipici del concerto grosso. Nel Finale (Presto) i principi dello stile fugato si uniscono a quelli concertanti. Le entrate a canone del tema, il cui incipit riecheggia quello del Brandeburghese n. 2, sono proposte dal tutti lungo un arco modulante che dal tono d’impianto (sol) tocca il relativo minore (mi) e la sottodominante (do).

Gli interventi dei solisti si pongono a metà strada tra il divertimento contrappuntistico e l’intermezzo concertante, e ancora una volta affidano al violino l’episodio di maggior impegno virtuosistico, consistente in accordi spezzati, agili volatine di semicrome e tremoli vigorosi.

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